La diffusione delle dipendenze, sia classiche (eroina, alcol, gioco d'azzardo) che nuove (internet, sesso, shopping), ci spinge ad interrogarci sul contesto in cui viviamo. Non si vuole puntare il dito o demonizzare la società moderna, che come ogni epoca ha i suoi pro e contro, bensì richiamare l'attenzione su alcune sue caratteristiche che facilitano l'insorgere di dipendenze patologiche.
1) Abitudine al tutto e subito: il mondo ci offre così tante possibilità ed è talmente veloce da abituarci ad avere tanto in poco tempo. Una volta per vedere un film si prendeva la macchina e si andava al videonoleggio, mentre oggi lo troviamo comodamente in pochi secondi su internet. E le pubblicità ci bombardano costantemente a suon di "comodamente e velocemente a casa tua".
Naturalmente questo è un lusso che ci siamo conquistati a fatica, non va demonizzato.
Il problema sorge quando iniziamo a darlo per scontato, ovvero "voglio avere per forza tutto e subito". Le dipendenze patologiche seguono proprio questo meccanismo: una scarica di piacere perfetta e immediata, senza attese né bisogno di riadattarsi. Perché faticare e attendere quando posso avere questo piacere così totale e a portata di mano?
2) Scarsa tolleranza alle emozioni negative (fatica, frustrazione, dolore): il progresso ci ha abituati ad una vita più comoda e con maggiori possibilità, quindi da un lato è comprensibile che siamo meno disposti a faticare o sopportare le privazioni. Tuttavia quando dimentichiamo che anche il dolore fa parte della vita, che la fatica è necessaria, che questi sentimenti non vanno evitati ma attraversati e metabolizzati, allora rischiamo di preparare il terreno per le dipendenze.
Un esempio è quando ci portiamo sempre il passeggino dietro perché ci preoccupa che il bambino si stanchi troppo a camminare. Oppure quando ci lamentiamo con le maestre perché ci sono troppi compiti per i nostri figli. O ancora, quando li seguiamo con fin troppa costanza durante la preparazione dell'esame di maturità.
Le dipendenze patologiche si inseriscono proprio in una dinamica "sto male ma non voglio sentirlo", azzerano il volume delle emozioni negative, coprendole e tappandole di continuo.
Non si tratta di esaltare il dolore o la fatica (non dobbiamo essere masochisti), ma è importante ricordare che il dolore ha un senso e che c'è una soddisfazione ad attenderci se sappiamo viverlo e superarlo.
Pensiamo a quando andiamo a correre per la prima volta: il giorno dopo le gambe ci faranno sicuramente male, e ci chiediamo "Chi me lo fa fare?". Ma sappiamo anche che quel malessere ha un senso (non siamo allenati) e che se perseveriamo potremmo crescere e scoprire soddisfazioni nuove (il piacere di correre un'ora intera intorno al lago). Se invece interrompiamo l'esperienza di questo dolore (smetto di allenarmi) questa possibilità di crescita verrà persa.
Chi soffre di dipendenze patologiche evita o copre la noia, la tristezza, l'ansia con una sostanza chimica o un comportamento. Quello che in realtà manca è l'esperienza concreta di una verità esistenziale: le emozioni negative non sono così terribili, anche se così come sembra. Se sappiamo starci, se impariamo ad aspettare e a digerirle una dopo l'altra (senza pretendere tutto e subito) cresciamo e otteniamo qualcosa di prezioso e insostituibile: l'esperienza, la soddisfazione e la sicurezza in se stessi tipica del "Ce l'ho fatta".
LUCA YOU
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